La parola d’ordine è Loft. Un ritorno alle origini, quando non c’erano pareti divisorie ma al massimo una tenda o un tappeto. La celebrazione involontaria del basso napoletano, dove l’ambiente unico non è mai stato un capriccio ma lo stato dell’arte. Un’azione di recupero post-industriale che ha assunto il tono di cultura metropolitana.
Insomma, oggi tutti vorrebbero vivere in un open space, in cui muoversi in bici o sui pattini in linea e da arredare con il massimo della creatività.
La realtà, è diversa. Spesso lo spazio aperto è frutto dell’esigenza. L’appartamento (chiamiamolo così) è piccolo ed è meglio non rubare altro spazio e sfruttare ogni centimetro. Magari (si spera) alto e, quindi, meglio lo sviluppo verticale quando quello orizzontale è privo di orizzonti.
Chiamare l’architetto? E perché, possiamo farcela da soli. Anche se, dopo un po’ di tempo…: Chiamiamo l’architetto, è meglio! Comunque è un modo diverso di vivere, più divertente ma anche pieno di rinunce. Prima di tutta alla privacy.
Se si vive da soli, ok. Ma se si è in due non c’è via di uscita: o si condividono musica, tv, amici o sono guai. In tre, sono molti guai. In quattro: Aiuto, alziamo una parete divisoria!
Dopotutto, la parola Loft deriva dal tedesco antico “luft” e significa aria, spazio. Ma troppa aria provoca iperventilazione, troppo spazio agorafobia.
Bisogna proprio amarle le tendenze per resistere.