Ce la farà l’amore a salvare il cinema italiano? Se lo chiedono in questi giorni produttori, registi, attori, esercenti e cinefili. Certo lo stato dell’arte non è dei migliori. La quota di mercato dei film italiani è calato nell’ultimo periodo del 15%, scendendo di 5 punti percentuali rispetto a un anno fa e attestandosi complessivamente al 23,4%. Il trend positivo degli ultimi anni si è interrotto.
Perché, allora, affidare all’amore il ruolo salvifico? Perché gli ultimi titoli sono tutti all’insegna del ritorno della commedia agro-amara italiana. Si tratta di storie intime, di interni di famiglia, di bisogno di appoggio fraterno, materno e paterno. Storie di bilanci, di vite a metà tra il fatto e il da fare. Storie, insomma, nelle quale specchiarsi e rivedere la propria.
A detta di critici e spettatori l’ultimo film di Gabriele Muccino è un film che non delude. Qualcuno ha azzardato un giudizio più che lusinghiero per “Baciami ancora”, sequel del fortunato “L’ultimo bacio”.
Punta a un dolce revival, tra note e ricostruzioni di una Livorno anni Settanta il regista di Ovosodo. La storia di una famiglia, i cui membri si sono persi un po’ di vista e si rincontrano per la malattia della madre, arriva fino i giorni nostri. Paolo Virzì torna con “La prima cosa bella” a raccontare la sua città di origine, ma anche un’Italia dei sentimenti che ancora resiste.
Pupi Avati, per la terza volta in un film si concentro sulla figura di un padre. Il primo è stato il padre impenitente Diego Abatantuono di “La cena per farli conoscere”. Il secondo padre è il Silvio Orlando de “Il papà di Giovanna” che è, al contrario un padre iper-protettivo. Il terzo padre, il più indecente di tutti a detta del regista-autore è nell’ultimo film “Il figlio più piccolo”.
Come si vede, non deve essere per forza un “avatar” o una “panic room” a farci infilare in una sala dove si proiettano sogni di celluloide, come si diceva una volta.